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La Filosofia Analogica (II parte)

La Filosofia Analogica per il benessere

…Riconoscere l’importanza e l’influenza della sfera emozionale nel comportamento umano, la prassi analogica e i relativi principi teorici vuol dire riconoscere i fondamenti della Filosofia Analogica: con essa si intende, anzitutto, un sistema organico di conoscenze relative ai dinamismi dell’inconscio e alle modalità di comunicazione con esso, mediante le quali l’individuo può meglio conoscere se stesso, liberandosi da vincoli che gli impediscono di vivere serenamente ed efficacemente i propri rapporti con la realtà esterna, gestendo e superando le difficoltà della vita quotidiana.

Acquisendo le modalità di comunicazione diretta con il proprio inconscio è possibile per l’individuo operare un riequilibrio personale, riconoscere gli inganni ipnotici sconosciuti alla mente razionale, sciogliere le conflittualità con se stessi per meglio comunicare anche con gli altri. Qualora l’individuo viva, invece, già una condizione di equilibrio personale l’interazione con la propria istanza emotiva sarà utile a rafforzare lo stato di benessere acquisito indirizzando maggiormente le proprie energie verso obiettivi di successo e migliore qualità della vita. Ciò si traduce nel sapersi relazionare in modo emotivamente efficace con gli altri, potenziando sicurezza, e carisma e gestendo i possibili conflitti, grazie alle capacità acquisite di coinvolgere l’inconscio dell’interlocutore con i linguaggi analogici, individuando in tempo reale bisogni emotivi (desideri, riuti, carichi di tensione) che la mente logica non è in grado di cogliere e interpretare.

Le tecniche insite nella Filosofia Analogica ci offrono la possibilità di rendere disponibili queste conoscenze e queste rivoluzionarie chance di individuare le proprie e le altrui esigenze profonde – quelle che, per l’appunto, la mente logica spesso non riconosce o che in altri casi tende a comprimere –, e di relazionarsi con se stessi e con gli altri non all’insegna dello scontro o dell’incomprensione, ma di una nuova intelligenza delle emozioni e dunque del riequilibrio e dell’incontro.

La Filosofia Analogica si propone di promuovere l’uso di questo nuovo linguaggio e, dunque, di adottare un nuovo stile di vita, un modello mediante il quale conoscersi e conoscere a fondo, sapersi e sapere ascoltare e, soprattutto, imparare a governare il sistema – l’incontro tra la nostra razionalità e le proprie emozioni – per uscire da quella frequente passività in cui sono la mente o l’impulsività incontrollata a governare se stessi e non il contrario.

Acquisire confidenza e intimità con la nostra istintualità e rovesciare il rapporto da sudditanza a scelta di come vivere le proprie emozioni è la nuova eccellenza nella frontiera del benessere.

Per rispondere all’esigenza di informazione e, nel contempo, venire incontro a un rinnovato interesse che oggi si manifesta per gli studi umanistici e filosofici pare opportuno, anzitutto, individuare e definire la specificità della Filosofia Analogica.

La Filosofia nacque dall’originaria sapienza greca, quale riflessione sulle cadenze peculiari della quotidianità (si consideri il contributo offerto, a tal proposito, proprio dal filosofo Socrate) anche a livello analogico gli studi di Stefano Benemeglio sono giunti alla Filosofia come frutto di analisi continua sul rapporto con se stessi e con la realtà esterna, intesa non solo come mondo di oggetti ma anche quale rete di individui. A partire dunque da esperienze concrete nell’ambito della comunicazione (anche l’ipnosi è comunicazione…) e proporzionalmente all’evoluzione dei risultati offerti dalle costanti sperimentazioni i dati raccolti si sono trasformati in principi e tesi quali astratti costituenti di una complessa struttura filosofica a fondamento di una scelta di vita all’insegna del rispetto delle emozioni accanto alla razionalità.

Delineare, dunque, tale natura analogica implica in primis considerare le sue caratteristiche e vederne i rapporti con la cultura occidentale prettamente riflessiva e intellettualistica che, come storia di “idee”, ha trovato il proprio culmine nella filosofia illuministica del XVIII secolo, caratterizzata dal progetto borghese di razionalizzazione del mondo ed espressa nella teoria dell’Io penso di Kant.

La Filosofia della ragione ha puntato sulla esclusiva valorizzazione della istanza logica a danno di quella emotiva: di conseguenza la ragione risulta autoreferenziale e primaria la relazione di causa-effetto senza la quale non si dà spiegazione degli eventi.

Anche nell’attuale cultura, figlia dell’illuminismo e del positivismo, è inammissibile pensare che l’individuo non sappia esprimere il motivo per cui soffre. In tal caso, infatti, o è un folle o diversamente deve riconoscere e denunciare di essere malato di un “male oscuro” e sottoporsi alle cure psichiatriche, che tramite i farmaci curano gli effetti non le cause del suo star male.

L’errore sta proprio nel non considerare che ciò che impedisce di star bene sono i sigilli, ossia le paure che bloccano l’azione dell’individuo (basta interagire con l’inconscio per trovarle e sbloccarle…).

Interpretare la vita secondo la Filosofiaa illuministica e pure quella psichiatrica porta la legittimazione dello status sociale della persona malata, che necessita di essere compresa, giustificata e mantenuta nella condizione di anestetizzare se stessa con i farmaci, senza così prendere coscienza che se è in preda all’ansia o la sua vita è fallimentare è dovuto al fatto che ciò è dovuto non ad un male oscuro bensì alla propria incapacità e alle proprie paure che le impediscono di gestire strategicamente i rapporti sentimentali-affettivi, oppure i rapporti sessuali-passionali, piuttosto che le scelte in campo autorealizzativo.

Da questo punto di vista si comprende che non esiste il “male oscuro” bensì si verificano situazioni distoniche portate all’eccesso che sfociano in condizioni di disturbo dell’emotività e del comportamento.

(continua)