COME DIVENTARE CAMPIONI DI FELICITÀ
“Il perdono libera l’anima, rimuove la paura.
È per questo che il perdono è un’arma potente.”Nelson Mandela
Vi è un’idea piuttosto preconcetta sull’argomento perdono, che molto si discosta dalla realtà e che trae origine da un significato puramente religioso o psicoterapeutico basato essenzialmente sulla logica del pensiero. Tale preclusione cade del tutto con l’avvento del pensiero benemegliano ovvero 50 anni di ricerche scientifiche condotte dal Stefano Benemeglio, che danno la possibilità di una trasformazione radicale sul modo di vivere e vedere l’esistenza dell’uomo.
Il perdono è strumento fondamentale delle Discipline Analogiche, giacché permette di liberarsi dalla sofferenza e dall’accanimento in maniera molto profonda: un varco veloce all’esperienza di una felicità dettata dalla consapevolezza di ciò che veramente siamo.
Fattori emozionali quali rammarichi, rimpianti, rancori, rabbia, rimorsi, causano “forze nefaste” per la mente e per il corpo dell’individuo, e suo malgrado, lo trattengono per anni imprigionato intorno ad un nodo doloroso: una nuova matrice emozionale distruttiva. Quest’ultima risulta divenire una nuova alimentazione energetica del sistema interiore, capace di occultare la via della felicità, che si dichiara con sintomi, somatizzazioni e poi sempre di più con malattie gravi, sino alla morte.
Tuttavia, queste esplosioni di avversità esibite tanto visibilmente all’uomo, costituiscono in verità una rivendicazione d’aiuto da parte dell’inconscio.
La buona sorte a tale apparente ingovernabilità interiore, trova soluzione attraverso un dialogo diretto ed immediato con la sfera emotiva, o istintuale, o inconscia – cardine della materia benemegliana – ben sistematizzato e computato matematicamente grazie ad una geniale procedura di ristrutturazione emotiva, riferita al vissuto della persona su una linea grafica del tempo, con testimoni e fatti dolorosi, che conclude il sorprendente risultato di benessere (tramite la qualità di analogia riconducibile alla ripetizione dello stato d’animo simile per sofferenza di eventi pur diversi fra loro) indispensabile per rilasciare il perdono attraverso la condivisione, la compassione e l’accettazione affinché l’istinto e la ragione siano perfettamente allineate nel giustificare il torto ricevuto.
Le delusioni, i dolori, gli abbandoni che subiamo per poi attribuirne colpe, rimuginarne offese e tramare vendette, ci portano a sfinirci in un tentativo logorante e ininterrotto dell’inconscio di fermare il tempo, tornando all’origine dell’offesa “a quel momento” per mettere a posto le cose.
Con il perdono si vanno a “svuotare” proprio quei momenti, veri silos energetici – in gergo benemegliano cambuse o cantine – allo scopo di sciogliere e lasciar andare sentimenti o risentimenti trattenuti per lungo tempo cosi da sbloccare e riallineare tutto al principio della libertà, della riconoscenza, dell’amore e dell’intesa per la vita.
Ovviamente, è un illusione considerare che l’individuo in seguito alla celebrazione del perdono possa vivere una vita senza alcun ulteriore ostacolo, per cui in virtù di tanta efficacia, rapidità e durata del miglioramento.
È auspicabile che questo “laboratorio dei miracoli” in seno alle Discipline Analogiche, sia studiato con attenzione ed adottato anche in contesti istituzionali come gli ospedali, le scuole, le carceri, affinché fattori emozionali quali odio, vendetta, ecc. siano portati a rapida risoluzione dai tormenti d’ogni giorno, al fine d’aver persone che imparino a sentire gli altri come un aspetto di se stessi, verso una collettività in pace.
Ricordiamoci che perdonare non significa discolpare, condonare, dimenticare, negare il torto subito. Consiste invece nel modificare l’emozione legata alla trasgressione e al trasgressore, lasciando spazio ad un nuovo habitat emotivo in noi che viene prontamente riempito da nuove energie, permettendoci di scorgere quello che prima non vedevamo: amore per noi e per gli altri.