Stefano Benemeglio, psicologo e ricercatore nel campo del comportamento umano, si inserisce in questo contesto conducendo studi e ricerche che lo portano a definire la
relazione che lega la mente e il corpo sotto forma di “analogia”.
Il Prof. Benemeglio è convinto che ciò che realmente leghi la manifestazione corporea di una determinata malattia organica o somatizzazione funzionale alla mente psichica, sia di matrice emozionale e riconducibile al vissuto dell’individuo e ai momenti di maggior sofferenza che lo hanno caratterizzato.
Mente e corpo sarebbero quindi legati dal filo sottile del malessere e del disagio dato dai conflitti non risolti che, rimasti chiusi per troppo tempo, finiscono con l’esplodere in forme di manifestazione devastanti e chiaramente visibile agli occhi.
Queste dinamiche mostrano una sorta di necessità da parte dell’emotività interiore di manifestarsi ed essere ascoltata, indipendentemente dalla propensione o meno dell’individuo stesso di porle attenzione.
Ad una parte emotiva non ascoltata, tenuta nascosta e repressa, non resta altro che lo sviluppo della malattia quale unica via per catalizzare l’attenzione dell’individuo. In questo modo, il disagio celato diviene finalmente visibile ed esposto alla luce del sole.
È quindi, secondo le teorie benemegliane, il tentativo di reprimere la sofferenza del passato ad essere la causa originaria del disagio contingente, il tentativo di tener dentro rancori, rabbia, sofferenza a muovere il meccanismo della malattia che affligge l’individuo e che è oggi al centro del suo mondo.